Le mie opere si sviluppano attorno al concetto di alterazione intesa come duplice trasformazione: quella del mondo esterno e quella dell’interiorità umana. L’arte può alterare la percezione della realtà, sfidando le convenzioni estetiche e le categorie tradizionali, fondendo elementi classici con linguaggi contemporanei e pop.

Il tema della crisi della bellezza classica è centrale: la bellezza tradizionale, con la sua enfasi su proporzione e armonia, viene distorta e grottescamente caricata dalla modernità, che sembra aver perso la capacità di apprezzare il significato profondo dell’estetica classica. Questo degrado dell’ideale estetico riflette una società che mercifica ogni aspetto della vita e tratta la natura non più come una fonte di ispirazione, ma come una risorsa da sfruttare.

La figura femminile emerge come simbolo ricorrente nelle opere, rappresentando una possibilità di salvezza, ma è spesso utilizzata e sacrificata in un contesto di desiderio insoddisfatto e decadente. Allo stesso tempo, le opere riflettono il conflitto tra uomo e natura, un rapporto ormai deteriorato, dove la natura stessa viene mortificata e distrutta in un atto finale di violenza e sopraffazione.

Nelle mie opere si legge anche una critica alla disumanizzazione dell’essere umano contemporaneo, che si allontana sempre più dalla natura e dall’autenticità, cercando rifugio nella tecnologia e nella virtualità. Il corpo, ormai modificato e ricostruito dalla chirurgia estetica e dall’integrazione cibernetica, diventa l’ultimo baluardo di contatto con la realtà naturale, destinato a scomparire in un’eterna simulazione senza morte.

In sintesi, non è solo un’esplorazione estetica, ma anche un’analisi critica delle tensioni e contraddizioni della società contemporanea, dove la bellezza, la natura e l’essere umano stesso sono soggetti a una trasformazione incessante che oscilla tra l’estasi e la distruzione, tra la fuga e la resa.


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